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Rosvita

lettura concerto


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Apertura Rosvita


di Ermanna Montanari
con: Sara Gandolino, Michela Marangoni, Ermanna Montanari, Laura Redaelli spazio-luce: Enrico Isola, Ermanna Montanari . assistente progettazione spazio-luce: Claire Pasquier . direzione tecnica: Enrico Isola . musiche originali e sound design: Davide Sacco . consulenza musicale per il canto gregoriano: Elena Sartori . realizzazione scene squadra tecnica Teatro delle Albe: Fabio Ceroni, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Massimiliano Rassu . foto e collage: Claire Pasquier . cura grafica: Barbara Fusconi . regia: Marco Martinelli . promozione: Silvia Pagliano, Francesca Venturi . produzione: Teatro delle Albe - Ravenna Teatro in collaborazione con Ravenna Festival e deSidera Bergamo Teatro Festival . ringraziamenti Luca Doninelli, Nando Randi e Giuseppe Padula per la concessione della Galleria Ninapì, Franco Fussi, MAGADIS International Music Agency, A.N.G.E.L.O., Space, Anna Ferrante Sacco
NOTA: l’autrice ha liberamente rielaborato le traduzioni dal volume ROSVITA, Dialoghi drammatici, a cura di Ferruccio Bertini, Milano, Garzanti, 2000

Prima nazionale Ravenna Festival, Ravenna, Rocca Brancaleone, 20 giugno 2008

Foto di Claire Pasquier
Foto di Claire Pasquier
Foto di Claire Pasquier
Foto di Claire Pasquier


Rassegna stampa (originale, file pdf 9288 Kb)
Rassegna stampa (solo testo, file pdf 659 Kb)
Foto ad alta risoluzione (file zip 5317 Kb)

TORNANDO A ROSVITA

Roghi di giovinette, stupri e torture, cedimenti, amori impossibili che non si arrestano neanche davanti alla necrofilia, padri autoritari e pii: miniature medievali che riaffiorano da un passato remoto e che si perpetuano sempre uguali (se solo le sappiamo leggere) nelle cronache quotidiane del pianeta. La crudeltà ambigua e disorientante dei drammi di Rosvita mi parla ancora, a distanza di dieci secoli, a distanza di quasi vent’anni dal mio primo accostarmi alla sua opera: tutto, nella sua scrittura insieme devota e infuocata, vi accade all’improvviso, la tentazione e la resa e la conversione. Non c’è logica, non c’è buon senso, non c’è realismo, non c’è psicologia: tutto si compie nell’eccesso dell’interiorità, là dove affrontiamo le sfide decisive, là dove i nostri sentimenti si ergono smisurati e assoluti, non accettando sagge correzioni dal di fuori. Le figure che Rosvita tratteggia con la sua prosa rimata, svuotate della loro sostanza corporale, diventano emblemi dello spirito, marionette al vento. Urlano, pregano, si seppelliscono. Dicono di no, dicono di sì, e sempre accettano liete il loro abisso. “Là dove sarà il tuo cuore, là vi sarà anche il tuo tesoro.” La “debolezza” femminile ha la meglio sul “vigore” maschile, per usare la sintesi della canonichessa di Gandersheim, la prima scrittrice di teatro a noi nota dell’Occidente. Un conflitto tra autorità patriarcale e ribellione muliebre, agito scenicamente in un’epoca in cui spesso la donna veniva descritta come “sacco di escrementi”, “porta del Diavolo”. A differenza dello spettacolo del ’91, dove il nodo centrale era la misura, il rapporto con un modello impossibile da percorrere se non in modo balbettante e rovinoso, ho pensato questo nuovo affondo come una lettura-concerto: al centro le parole di “tutte quelle che non hanno preso aria”, martirizzate, bruciate, disperse nel vento ai quattro angoli della terra. Al centro le voci di lupo e di corvo e di colomba di quel teatrino metafisico. Per questo ho amplificato la partitura del ‘91, restituendo alla loro integralità i drammi che all’epoca avevo frantumato (Conversione di Taide e Martirio di Agape, Irene e Chionia), riservandomi come prologo la “lettera ai dotti” e come epilogo la narrazione di Maria, stella del mare, intrecciando qua e là versi di Sant’Agostino, Baudelaire, Amalia Rosselli, come stelle cadenti. Al mio fianco, Cinzia Dezi, Michela Marangoni e Laura Redaelli, che intonano la “musica celeste”, il gregoriano, quattro fantocci che emergono dal buio. Non c’è scenografia, non c’è azione, tutto va “visto” attraverso la voce, il canto, i suoni, in uno spazio-luce che richiede di essere situato ovunque e di integrarsi ovunque, isola-edicola che mi piacerebbe vedere allestita in un’autostrada, in mezzo a un parcheggio, davanti a un ipermercato. Una lettura-concerto che insegue i suoi burattini, facendone sostanza di voce, dipingendo attraverso i mille toni del grottesco una fantasmagoria immobile e “santa”.

Ermanna Montanari
Ravenna, giugno 2008


Estratti dalla rassegna stampa

“Un luogo bellissimo e poco conosciuto, uno di quei luoghi tanto carichi di storia e di suggestioni che quasi ti stupisci di trovarli nelle campagne lombarde, fra i centri commerciali e gli svincoli delle autostrade, e al suo interno uno spettacolo di rara intensità, che si adattava alla perfezione alle atmosfere di quell'ambiente per il quale sembrava essere stato appositamente creato. In effetti non capita spesso, questo totale compenetrarsi del freddo della pietra e del calore dei corpi e delle voci, questo ideale combinarsi di emozioni architettoniche e teatrali: e quando capita, non si può non restarne profondamente colpiti. Il luogo è la Rotonda di San Tomé una sconvolgente cappella di sasso del 1100, di forma circolare, metà chiesa romanica e metà struttura fortificata, splendida nella sua grazia austeramente disadorna: si trova sulle colline sopra Bergamo, ad Almenno San Bartolomeo. Lo spettacolo è Rosvita del Teatro delle Albe, una lettura - o per meglio dire un'impressionante performance vocale - che Ermanna Montanari ha ricavato dalle opere della monaca sassone divenuta, poco prima dell'anno Mille, la prima autrice femminile della scena europea. A presentarlo è stato il festival deSidera, una densa rassegna dedicata ai temi del sacro. Questo sottofondo spirituale offriva la cornice giusta per evocarvi le sue storie di sacrificio e di martirio cercato in nome della fede? Solo all'apparenza, perché l'animo della devota Rosvita ci appare oggi assai più tortuoso e ambiguo. Da un lato la furia con cui si abbandona alle sue torbide visioni di seni tagliati e teste mozze sconfina quasi in una sorta di sensuale crudeltà, di carnale, pagana ferocia, che costituisce forse il suo aspetto più moderno. Dall'altro gli spietati ritratti di padri autoritari, di maschi ottusi e violenti, e l'insondabile sfida di quelle vergini che accettano cantando il supplizio sembrano suggerire un misterioso riscatto della donna. Questo intreccio di estasi infiammata e di gelide passioni veniva affrontato attraverso i frammenti di quattro testi, analoghi per tono e ispirazione: sola in mezzo a un piccolo recinto di lampadine, col supporto sonoro di tre giovani cantanti e dei loro inni gregoriani, l'attrice incarnava le parole di tutti i personaggi, conferiva a ciascuno di loro un'allucinata cifra espressiva, ne svelava gli abissi interiori con impressionante adesione. Sono incredibili le zone d'ombra, le nere perfidie che questa mite signora della scena riesce a far trapelare: quando emetteva gli accenti virili del lascivo prefetto Dulcizio aveva davvero qualcosa di sinistro, di spettrale”.
(Renato Palazzi, delteatro.it, 29 giugno 2008)

“La santità è macerazione, sofferenza, rimozione del corpo. La femminilità è seduzione, caduta, dolore, tortura, esaltazione, vittoria. Rosvita, di e con Ermanna Montanari, è meno e molto di più di uno spettacolo. L'attrice premio Ubu ripercorre alcuni testi della monaca sassone che nel X secolo fondò il teatro moderno dando voci a sante, martiri, eremiti in lotta con le lusinghe del mondo, ispirandosi alla lingua e alle situazioni scabrose del commediografo latino Terenzio. Legge, l'attrice, a un leggio rugginoso, su uno sfondo che sembra emergere da ere lontane, di metallo o di pietra corrosi. È isolata in una zattera di luci che ne rendono evanescente la figura, tra suoni elettronici. Sullo sfondo tre ragazze in felpa col cappuccio, monache hip hop, si calano nell'oscurità a salmodiare gregoriani. I personaggi si materializzano nella voce che scandisce la perfidia dei torturatori pagani, che squilla la virtù, si fa nasale nella morbosità dei santi redentori, si arroca nelle profondità di una prostituta che tutto ha visto e che prova anche l'esperienza della salvezza. C'è un tono per l'ambiguità, una maschera per il fremente erotismo, una voce che ingabbia e una che vorrebbe liberare, in una polifonia che trova origine e misura nel corpo nervoso della straordinaria attrice, nello slanciarsi e ritirarsi di fronte alle seduzioni della virtù. Lo spettacolo ha debuttato al Ravenna Festival. Dopo una breve tournée estiva, sarà ripreso in autunno. Da non perdere”.
(Massimo Marino, “Corriere della sera”, 25 giugno 2008)

 
 
La ferita della voce: il premio Ubu come migliore attrice a Ermanna Montanari di Massimo Marino su Controscene di Corrieredibologna.corriere.it

Teatro: femminile plurale intervista di Maria Dolores Pesce a Ermanna Montanari su dramma.it

Le Albe del Teatro. Tragedie e periferie verso l'Olimpo di Marco Corain su klpteatro.it



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