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Mille anni o giù di lì

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Mille anni_Reviati


Davide Reviati

 

in scena Luigi Dadina e Francesco Giampaoli
voce Elena Bucci

 

ideazione e testi Luigi Dadina e Davide Reviati
immagini e animazioni Davide Reviati
musiche Francesco Giampaoli
coordinamento drammaturgico Laura Gambi

regia Luigi Dadina
scene Enrico Isola

luci Luca Pagliano e Marcello Maggiori
coordinamento tecnico Fagio
assitente al montaggio video Riccardo Dadina

realizzazione scene e allestimento a cura della squadra tecnica del Teatro delle Albe Alessandro Pippo Bonoli, Fabio Ceroni, Fagio, Enrico Isola, Marcello Maggiori, Dennis Masotti, Luca Pagliano

organizzazione Veronica Gennari

produzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro


Prima nazionale Teatro Socjale di Piangipane, 28 settembre 2021


RASSEGNA STAMPA

Mille anni o giù di lì - Foto di Nias Zavatta

 

Mille anni o giù di lì nasce dall'incontro di Luigi Dadina, attore del Teatro delle Albe, con Davide Reviati, fumettista, e Francesco Giampaoli, musicista. Tutti e tre legati, per storia familiare, al petrolchimico dell'ANIC e al suo Villaggio. La voce registrata è di Elena Bucci. Laura Gambi ha dato ordine alla drammaturgia nata e scritta in questo tempo pandemico.

La storia si svolge dal 15 al 20 agosto 2022. È il racconto di sei giorni, che un uomo, Dadina, seduto dietro a un tavolo, chiuso in una stanza, dipana davanti a una porta finestra, un balcone, un prato, i vicini: in una periferia di piccole palazzine, tutte uguali. Il Villaggio ANIC. L'uomo non è solo, alle sue spalle, una presenza, Giampaoli, che pesa, scompagina e anima il racconto con il suono del basso.  

Il narratore trascorre le sue giornate registrando quel che accade, quel che ricorda e ciò che immagina. Il tutto travalica nel delirio: sono brandelli di realtà, sono i vicini e l'ANIC, ormai vuota, automatizzata, inaccessibile, ma che continua a dare al cielo il suo fumo. Straparla di mescalina e di viaggi: quelli di una generazione segnata dall’eroina.

Il delirio, che si fa sogno, vagheggia di “madri”, progenitrici di una goccia di sangue nomade: le poetesse zingare Bronislawa Wajs e Mariella Mehr.

L’uomo riconosce dentro di sé un nomadismo che si compie nello spirito, che lo conduce ad attraversare una dimensione profonda, mosso dalle parole della poesia. Come dice Mariella Mehr: Spesso canta il lupo nel mio sangue / e allora l'anima mia si apre / in una lingua straniera. / Luce, dico allora, luce di lupo / dico, e che non venga nessuno / a tagliarmi i capelli.

La stanza si apre a una narrazione per immagini, sono i video delle tavole di Reviati intarsiati dalla voce di Elena Bucci: una natura di animali selvatici, lupi, ragazzi, bambini scomparsi, zingare che predicono il futuro, spiriti liberi, inquietudini devastanti mentre un'oscura presenza, là fuori, sembra avere preso il sopravvento sui vicini di casa, rendendoli sempre più schiavi di una vita in cui anche i desideri più intimi vengono decisi dall'arrivo e della partenza di strani camion, in quelle calde giornate estive.

Il narratore s'arresta quando il solco tra realtà e delirio sembra ormai chiuso...




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