scritti giornalistici di Giovanni Testori
ideazione e regia Ermanna Montanari Marco Martinelli
voce Ermanna Montanari
canto Serena Abrami
regia del suono Marco Olivieri
disegno luci Luca Pagliano
tecnici audio e luci Fagio, Marcello Maggiori
organizzazione Silvia Pagliano, Francesca Venturi
produzione Teatro delle Albe / Ravenna Teatro, Teatro de Gli Incamminati
Tutto è nato da una suggestione degli amici Allevi e Doninelli, quella di portare in scena la scrittura “giornalistica” di Giovanni Testori. Da lì ha preso vita la nostra “lettura scenica”, realizzata per la prima volta nel 2014 e oggi riproposta in un nuovo allestimento, impreziosito dal canto di Serena Abrami. Che è uno sguardo al Testori che alla fine degli anni ’70 prese il posto che era stato di Pasolini sulla terza pagina del Corriere della Sera. Testori, come Pasolini, ancora ci insegna a non rassegnarci al moloch dell’indifferenza e dell’abitudine, all’ingiustizia e alla violenza che attraversano il mondo. Ci insegna a cantare “la maestà della vita”. Giovanni Testori era questo: un combattente deciso a testimoniare la speranza, la speranza-bambina. Con furia e con pazienza, la quale “è virtù primariamente attiva”, che sa porre la coscienza “in uno stato di perpetua allerta”.
Abbiamo scelto tre articoli legati da un filo preciso: la violenza sulle donne. Scritti tra il ‘79 e l’80, i pezzi provano a far luce sull’oscura malìa che incantena il “maschio” alla sua lingua prevaricatrice: l’omicidio di una bambina, un matricidio, e infine la richiesta che Testori fa allo Stato italiano di una legge che difenda le donne dalle violenze. L’analogia con il nostro tempo è inquietante: segno di quanto sia “immobile” il nostro Paese, in questo come in altri settori della vita sociale. Scrive Testori: “Non vorremmo che, come va succedendo per altre vergogne e per altri delitti, a furia di parlarne, scriverne e discuterne, senza mai assumere la responsabilità di un gesto, si finisse per diminuirne la gravità, l’irreligiosa e disumana vergogna; si finisse, insomma, per abituare l’uomo a ciò che non è umano. L’abitudine a tutto è uno dei rischi più grandi che l’uomo sta correndo; ad esso sta inducendolo la spinta negativa che vuol ridurlo a “cosa”. Ora il punto d’arrivo di questo rischio non potrà essere una nuova coscienza, ma il buio e la notte che s’aprono sulla coscienza eliminata o distrutta”. E noi? Siamo capaci di raccogliere il testimone che ci consegnano le pagine dolenti, profetiche, scritte da Testori per l’Italia di quegli anni?
Ermanna Montanari e Marco Martinelli