l'opera
Il nostro LEBEN procede su due bande temporali.
Nella prima siamo nell’oggi (sul fondale campeggia infatti la data del giorno in cui si svolge lo spettacolo) all’interno del palazzo della LEBEN (“vivere” in tedesco) azienda che vende ragazze-in-valigia. Non c’è confine tra palco e platea, agli spettatori si dà il ruolo di azionisti della LEBEN. Feste per l’aumento del fatturato, lezioni di Storia e altro. Condolcezza, la presidentessa dell’azienda, ama lo stile anni Trenta, per cui le ragazze-in-valigia cantano canzoncine del Trio Lescano e vestono da giovani italiane.
Il teatro è azione. Dramma, appunto. In questo caso però le "azioni" sono anche le quote di capitale della LEBEN.
Il giovane portiere del palazzo in cui ha sede la LEBEN sogna tutte le notti di essere un diavoletto, il quale a sua volta sogna tutte le notti di cadere sulla terra in piena estate e in pieno Ottocento e di congelare dal freddo (all’inferno faceva più caldo, ovvio!) in mezzo alla pianura padana. A questo diavoletto l’Ottocento fa orrore (un secolo in pantofole, dice lui...), ma non c’è niente da fare, il sogno si ripete implacabile ogni notte, fino a che un naturalista lo scopre congelato in mezzo ai campi e lo porta al castello del barone, al fine di osservare questo fenomeno inspiegabile.
Il “devil-porter” è il trait d’union di due storie, due tempi, un unico spazio che si sdoppia: la scena è insieme il palazzo della LEBEN agito tra palco e platea, in cui lo spettatore-azionista è immerso, e il castello ottocentesco del barone, un astuccio, uno spazio conchiuso: all’inizio le storie corrono parallele, ma poi l’una inciampa sull’altra, come i binari di un treno destinato a deragliare. Il lavoro è diventato progressivamente anche una domanda sul Tempo: in che tempo viviamo? O meglio, in che tempo crediamo di vivere? In un Ottocento da cartolina (perché tale è l’incipit del sogno del diavoletto) o nelle festose visioni da incubo dell’azionariato del Male di inizio millennio? E come fare a rappresentare questo nostro spaesamento? Meglio, è rappresentabile?
Che poi sarebbe meglio non nominarlo, il Male. Il Male non tollera alcun commento: non gli è necessario esibire mandanti né moventi. Il Male è una nuvola sterminata di notte. Nacht und Nebel, dicevano i nazisti. Un enigma indecifrabile, dicono altri. Tempo perso. E fanno intendere che è inutile stare lì a scervellarsi… che la biologia… che la "natura dell’uomo". È lì che si annida l’inganno, in quella presunta indecifrabilità! Non fatevi sedurre.
Essere cittadini reali del mondo, non controfigure di cittadini, qui sta il problema.
Marco Martinelli
Ermanna Montanari
Ravenna, novembre 2006
crediti
di Marco Martinelli
con Alessandro Argnani, Luigi Dadina, Riccardo Dadina, Cinzia Dezi, Luca Fagioli, Marco Fariselli, Roberto Magnani, Michela Marangoni, Ermanna Montanari, Massimiliano Rassu, Laura Redaelli, Alessandro Renda
ideazione Marco Martinelli, Ermanna Montanari
spazio Vincent Longuemare, Ermanna Montanari
costumi Ermanna Montanari
progetto luci Vincent Longuemare
direzione tecnica Enrico Isola
assistente luci Francesco Catacchio
fonica e ricerca musicale Davide Sacco
consulenza musicale Franco Masotti
tecnica canto Giulia Dal Maso
realizzazione spazio squadra tecnica Teatro delle Albe: Fabio Ceroni, Camilla Cerretti, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Giuseppe Maniscalco, Dennis Masotti, Francesca Pambianco, Giorgio Ritucci
realizzazione costumi Laura Graziani Alta Moda, A.N.G.E.L.O.
realizzazione maschere Luca Colomba, Marcantonio Raimondi Malerba
assistenti coro absidali Cinzia Dezi, Michela Marangoni, Laura Redaelli
promozione Silvia Pagliano, Francesca Venturi
produzione Ravenna Teatro
regia Marco Martinelli
ringraziamenti Alex & Chris, Adriana Babini, Raffaello Biagetti, Luigi Ceccarelli, Cosetta Gardini, Legatoria Universo, Chiara Maroncelli, Mercadante Teatro Stabile di Napoli, Stefania Nanni, Franco Nasi, Nuvola Fashion Stock, Barbara Pambianchi, Sara Panzavolta, Post Post, Francesca Proia, Ravenna Festival, Edoardo Sanchi, Space, Roberta Staffa, Cristina Ventrucci
Il testo LEBEN è contenuto nel volume Scherzo, satira, ironia e significato profondo di Marco Martinelli, Editoria & Spettacolo, 2007
Prima nazionale: Ravenna, Teatro Rasi, 7 novembre 2006
Hai solo seicento anni, figlio mio, che cosa potrai mai saperne tu del Mondo? Tu lo hai solo sfiorato quel cieco abisso in cui sprofonda la mente quando si arriva al punto di fare a pezzi il cielo per ricavarne un vestito. E in quella coltre di buio si soffoca, insieme alle stelle...