l'opera
In una cattedrale, a Belmont, avviene un’esplosione.
In quel momento erano lì presenti 4 persone, che rimangono tramortite e in stato di choc. “Apparentemente” le cose si volgono secondo la prassi: dopo qualche minuto arriva un’ambulanza e li porta in ospedale. In realtà, nei pochi minuti trascorsi tra l’esplosione e i soccorsi, è avvenuto “qualcosa” di straordinario, che uno sguardo umano non avrebbe potuto registrare.
La mente di colui che, tra loro, è stato meno danneggiato dall’esplosione crea un “mondo” in cui costringe a vivere gli altri personaggi: un mondo parallelo a quello reale, terribile perché dominato da un’unica volontà.
Questo mondo, a un dato momento, verrà soppresso, ma non si ritornerà alla realtà: da lì prenderà avvio un affascinante e misterioso viaggio di attraversamento dei mondi mentali. Dal mondo di Glen Runciter, imperniato sull'ossessione monoteistica del protagonista, dominato da una logica miracolistica e grottesca, a quello di Nicole Thibodeaux, attrice, costruito sull’esaltazione di se stessa e della propria immagine. Dall’universo di Jack Hamilton, i cui lineamenti sono quelli manicali di un mondo-roulette, dove gli abitanti sono ridotti alla sola funzione di “giocatori”, al silenzioso buco-mondo di Manfred Steiner, ragazzo autistico, un mondo in cui non ci sono parole o linguaggi, ma solo colori, luci, brandelli di suoni.
Mondi paralleli, più che uno spettacolo fantascientifico, nel senso comune che si attribuisce a questo termine (la fantascienza non è ancora uscita dal "ghetto" dei generi letterari), è un viaggio mentale, imparentato più a Büchner, Borges, o al poeta latino Lucrezio, che a Asimov. Philiph Dick è scrittore ossessionato dalla relatività del reale: la realtà, intesa come parametro oggettivo, non esiste.
Esistono infiniti mondi “paralleli”, creati dalla nostra mente e dai nostri occhi, dove ognuno legge l'esistente a partire dalla propria storia, dal proprio vissuto, dalle proprie passioni?
Io, non esisto: esistono le mille "traduzioni" che di me danno gli altri.
Mondi paralleli è un invito all'ascolto: di se stessi, dei "mutamenti" con cui conviviamo, dei labirintici universi che ci attraversano.
Mondi paralleli non è uno "spettacolo": pensato per una fascinazione di incubi e suoni, per un rituale di immagini e brandelli di sogni; dove l'allucinazione costituisce il principale mezzo drammatico, Mondi paralleli è uno sprofondamento nel linguaggio dell'inconscio.
Mondi paralleli è un'invocazione d’amore.
Perché mi è uscita una frase così retorica?
Forse perché è vera?
L’amore è ascolto dell’altro, anche, tra le altre cose.
I mondi qui non si ascoltano: ogni personaggio si fa protagonista, si fa deus ex machina, e impone una legge assoluta, se stesso.
L'amore al contrario è assenza di leggi, è ascoltarci tutti, auscultarci tutti, porgere orecchio e mente attenti al battito di un cuore diverso dal nostro, piante stelle donne uomini animali pietre macchine replicanti destini.
Quanta intelligenza e genio nell'ascoltare.
I personaggi sono sottoposti a uno stupro mentale, costretti in universi dominati dalla presunzione di possedere la verità, cioè se stessi.
Quello di Mondi paralleli non è il piacere o il fascino del viaggio: è sì un viaggio, ma a tappe forzate, costretti ad attraversare gli altrui “domini”.
Un po’ come per l’Ulisse omerico, dove il viaggiare (dice, ma è difficile credergli) non è la seduzione dell’avventura, ma una sventura imposta dagli dei.
Il bollettino dei naviganti è una porta aperta sull'oscuro.
Marco Martinelli e Ermanna Montanari
crediti
di Marco Martinelli
in scena Marino Cavallo (Martin Hamilton), Luigi Dadina (Glen Runciter), Ermanna Montanari (Nicole Thibaudaux), Marcella Nonni (Manfred Steiner)
musiche Roberto Barbanti
scene Cesare Reggiani
maschere Gianni Plazzi
scenotecnica, luci e suono Roberto Ravaioli
ideazione scenotecnica e costumi Massimo Silei
collaborazione scenotecnica Cesare Giorgi
regia Marco Martinelli
produzione Albe di Verhaeren-Cantiere Philip K. Dick in collaborazione con il Comune di Bagnacavallo.
Il testo Mondi paralleli è contenuto nel volume Rumore di acque, di Marco Martinelli, Essegi, Ravenna, 1986.
Prima nazionale: Bagnacavallo, Teatro Goldoni, 24 novembre 1983
Non li sentite questi suoni? Sono i nomi in cui la notte si condensa, e diventa acqua, e l'acqua si fa mare alto, dove passeggiano e saltano i delfini, e i delfini restituiscono il mare rubato alla notte, e il cerchio diventa perfetto. Io li conosco tutti, questi nomi, tutti, nessuno escluso.