Spettacolo

Ouverture Alcina

ouverture_copertina

l'opera

In un villaggio della campagna romagnola, poco distante da Ravenna, sono vissute all'inizio del secolo scorso due sorelle. La più giovane, la prediletta dal padre, era da lui chiamata “la principessa”. La più grande si chiamava Alcina: il padre, appassionato lettore dell’Orlando furioso, l’aveva chiamata come la maga che nel poema seduce i cavalieri e poi li abbandona trasformandoli, chi in cane, chi in porco, chi in albero. Un giorno il padre le abbandonò: di lui non seppero più nulla. Ereditarono il suo mestiere, diventando le custodi del grande canile situato nel cuore di quel villaggio romagnolo. Un giorno arrivò in paese un giovane straniero, si dice fosse bellissimo. La "principessa" se ne innamorò perdutamente. I due rimasero insieme per alcuni mesi e poi, così come era arrivato, lo straniero se ne andò. E la "principessa" impazzì. Alcina allora decise di restare con la sorella per accudirla, chiuse in quella casa da cui uscivano solamente per andare al canile a dare da mangiare ai cani. La gente raccontava che Alcina, all'insaputa della sorella, si fosse presa piacere anch'essa col giovane straniero.Nel poema rinascimentale di Ludovico Ariosto, Alcina perde tutto il suo potere di incantatrice, capace di sedurre e trasformare gli uomini, quando si innamora di Ruggiero. Abbandonata dal cavaliere, si riduce a una pena straziante e inguaribile. Vorrebbe morire ma non può, perché come scrive Ariosto, "le fate morir sempre non ponno".
Ouverture Alcina è la sovrapposizione di queste due storie legate dal girare a vuoto della fissazione amorosa. A Nevio Spadoni, poeta in lingua romagnola, abbiamo chiesto di scrivere il canto di questa nostra Alcina pietrificata nella "pena", lamento e maledizione, lingua selvatica e misteriosa alle orecchie dei più. A Luigi Ceccarelli, compositore di musica elettroacustica, di comporre una partitura capace di dare forma al terremoto interiore che squarcia la fata.
Ouverture Alcina è il combattimento tra la potenza della voce e quella della musica, un’alchimia che disegna la figura della maga ferita d’amore nella sua immobilità iconica, un fantasma che grida un dolore immedicabile. Un “canto” in dialetto romagnolo, lingua “ultralocale”, aspra e arcaica, che fa della propria incomunicabilità un punto di forza, musica oggettiva. La maga è sola in scena, si muove in uno spazio buio, a tratti attraversato da lampi di luce, che ne mostrano il corpo dolente come quello di una danzatrice butoh, all'interno di uno spazio sonoro orchestrato in diretta dallo stesso compositore. Quello che ne scaturisce è un concerto-performance dove la voce e la musica formano la stessa materia scenica. Non c'è azione, non c'è dramma: solo l'errare della voce vagabonda, visione fabulatoria in cui ci si può perdere come nello schianto dei sogni.
Il termine "ouverture" è noto in musica soprattutto come introduzione alle opere liriche, ma nell'800 ha designato anche sinfonie autonome, come l'Ouverture 1812 di Ciaikovski. E' in tal senso che abbiamo scelto questo termine, anche per il suo stare sospeso e ambiguo tra la sfera musicale e quella psichica: "ouverture", apertura, introduzione all'universo mentale di Alcina, al suo vorticoso precipitare.

Marco Martinelli e Ermanna Montanari

TRA PAROLA E MUSICA

Ermanna Montanari, molto più che attrice, è una straordinaria vocalista, capace di trasformare la parola in musica come raramente capita di ascoltare. E’ grazie a questo tipo di interprete che la musica occidentale ha oggi rinnovato l’espressione della vocalità umana intraprendendo una strada cha va oltre l’arte vocale per eccellenza: il canto lirico. Il linguaggio parlato è più ricco di suoni, e l’inflessione della parola può avere sfumature più ricche di una melodia cantata sulle sette o sulle dodici note. E in questo la tecnologia elettronica ha dato un contributo fondamentale con la possibilità di amplificare anche il minimo bisbiglio. Questa non è soltanto una considerazione soggettiva, ma una tendenza della musica contemporanea fin dal Pierrot Lunare di Shoenberg all’inizio del ‘900. E oggi la vocalità musicale si è finalmente liberata dal melodramma ottocentesco, per farsi oggetto sonoro ricco e cangiante, al pari delle sonorità degli strumenti musicali di oggi. La mia collaborazione con Ermanna Montanari è incominciata attraverso gli spettacoli del Teatro delle Albe, che coraggiosamente ha accettato la fusione tra la mia musica materica e la sua ricerca sul linguaggio teatrale. La voce di Ermanna mi si è rivelata subito come il punto di contatto ideale tra questi due mondi apparentemente lontani. Ouverture Alcina rivela quanto una personalità come Ermanna possa trovare una propria via per arrivare ad un risultato di grande emozionalità, interpretando gli aspri versi in dialetto romagnolo di Nevio Spadoni, costruiti a partire dalla figura della maga presente nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, dopo un lungo lavoro comune fatto di prove e sperimentazioni. L’idea che sottende il lavoro è quella che la costruzione di un’opera è la sintesi tra parola e musica, dove ognuna delle singole componenti, pur mantenendo il valore insito nel proprio linguaggio, si integra nell’altra in completa sinergia.

Luigi Ceccarelli

crediti

Alcina Ermanna Montanari

musica Luigi Ceccarelli

testo Nevio Spadoni

ideazione Ermanna Montanari e Marco Martinelli

spazio, luci, regia Marco Martinelli

tecnica Danilo Maniscalco, Luca Fagioli

produzione Teatro delle Albe - Ravenna Teatro, Ravenna Festival

Prima nazionale: Pescara, Magfest, 5 aprile 2009

Screenshot 2024 06 05 120226
A m'so inṣmida, a m'so inṣmida int la voia d'pérdum tra dla nebia. A m'so inṣmida, a m'so inṣmida int e'rispir longh de' vent ch' e' smêṣa l'acva int e' su pas.

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Registrazione live al Centro La Soffitta di Bologna, 10 Marzo 2011
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Ouverture Alcina2(foto Marco Caselli Nirmal)

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