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Bonifica

polittico in sette quadri


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di Marco Martinelli
in scena: Ermanna Montanari, Luigi Dadina. scene e costumi: Cosetta Gardini, Ermanna Montanari . luci, suono e regia: Marco Martinelli . produzione: Teatro delle Albe, Santarcangelo dei Teatri d’Europa, Comune di Bagnacavallo
Il testo Bonifica è contenuto nel volume Bonifica, polittico in sette quadri, di Marco Martinelli, Essegi, Ravenna, 1991 e nel volume Teatro impuro, di Marco Martinelli, Danilo Montanari Editore, Ravenna, 1997

Prima nazionale Bagnacavallo, Teatro Goldoni, 21 dicembre 1989


Estratti dalla rassegna stampa:

"LEBEN racconta il sogno ossessivo del portiere della società per azioni che celebra qui, in questa sala, la festa annuale fra tip tap di ragazzine in tenuta da piccole italiane, camicia bianca e gonnellino, e musiche d’epoca, tipo Doris Day e trio Lescano. Il marchio sociale Leben, che poi vuol dire vivere, si allunga gigantesco su tutte le pareti. La presidentessa di nome Condolcezza ( l’imperiosa Montanari) non vuole tristezze. Il fatturato della ditta è in crescita grazie soprattutto all’idea di commercializzare ragazze in valigia e nuove iniziative si preannunciano, come l’apertura al turismo sessuale di bordelli in Thailandia. Due universi paralleli, e due tempi storici, convergono nello spettacolo, secondo un principio compositivo che sarebbe piaciuto a Leo de Bernardinis. E trovano il punto d’incontro nella sognante figura in livrea rossa (Alessandro Renda) che come il suo omologo del Macbeth scespiriano non vorrebbe essere il portiere dell’inferno. E tuttavia a questo inferno non si sfugge".

(Gianni Manzella, "il Manifesto", 3 dicembre 2006)


"La storia del diavoletto che cade sulla Terra, si intreccia […] con l’immagine tutta metaforica e allusiva di un’ipotetica azienda dei nostri giorni, guidata da una spietata figura femminile che non a caso si chiama Condolcezza, dedita alla gestione di bordelli thailandesi e a traffici di ragazzine in valigia. […] si crea l’affresco di una società corrotta, priva di ogni scrupolo morale, dove è lasciato al giudizio del pubblico stabilire se causano più guasti le piccole mostruosità domestiche o le efferatezze su scala planetaria".

(Renato Palazzi, "del Teatro", 29 novembre 2006)


"In LEBEN spirano venti ariani, musichette da trio Lescano, e il clima di spaesamento tra Ottocento e Novecento é accentuato dalla divertente figurina del portiere dell’azienda che fa sogni da diavoletto caduto sulla terra (il bravo Alessandro Renda), insieme alla satanica presidentessa Condolcezza, disegnata da Ermanna Montanari con una prova di straordinaria efficacia".

(Enrico Marcotti, "Libert?†", 1 dicembre 2006)


"L’infreddolito Belzebù (il bravo Alessandro Renda) assume le sembianze del giovane portiere della ditta, legato da misteriosi vincoli filiali alla presidentessa, la suadente ma spietata Condolcezza […]. Gli elementi della parodia trascolorano in quelli del noir o di un sogno angoscioso: lo stesso diavolo sembra volersi ribellare al suo destino, ma nulla può contro le ragioni di Condolcezza (Ermanna Montanari, impegnata in una virtuosistica performance vocale)".

(Mario Cervio Gualersi, "Clubbing", 1 dicembre 2006)


"LEBEN […] innesta un’efficace sottotrama tesa a raddoppiare l’azione drammaturgica in due sistemi narrativi che procedono su piani spazio/temporali differenti. […] E davvero sottili sono i congegni di raccordo tra i due sistemi drammaturgici, per poter sincronizzare analogicamente i movimenti dei due mondi dove il diavolo è una sorta di provocatore e sperimentatore che, come una sottodivinità soggetta alla divinità suprema (il Male, chi altri?), si diverte a dimostrare che l’uomo del romantico Ottocento è meno miserabile di quello moderno. LEBEN, in cui il grottesco si mescola alla clownerie in una stimolante deformazione, frantuma così, attraverso serrati dialoghi di forte pregnanza e quadri di notevole potere icastico, ogni convinzione in merito alla salvezza, e rimarca invece l’inesorabile nitore della traiettoria oscura imboccata dall’umanità".

(Alessandro Fogli, "Corriere di Ravenna", 13 novembre 2006)


"[…] per dipingere i nostri giorni non rimane che il cortocircuito tra un 2006 appena un po’ più immaginario dell’oggi e un 800 che sembra avvenuto ieri, e l’unica azione scenica possibile si produce tramite una stasi perenne tra le mura della Leben, nella quale la sola concessione al movimento narrativo deriva dal sogno. Ma allora, in questa analisi che non rintraccia vie d’uscita, non siamo solo i pasciuti azionisti della Leben che partecipano alla festa con gli attori o i naturalisti che vendono tranquillamente le proprie fidanzate: siamo anche gli spensierati consumatori che un giorno ascoltano reclame e musichette passeggiando in agghindate vie natalizie e l’altro confezionano ordigni esplosivi. Siamo tutti lì, immortalati in una linea temporale immutabile. È un’istantanea sulla vacuità di senso, dunque, questo Leben. Perseguendo con coerenza l’assunto generale che lo muove, un’indagine a tutto campo sulle radici di quello che definiamo "il male", il progetto del Teatro delle Albe non poteva rintracciare comode alternative, o credibili strategie di salvezza: dopo avere sezionato, sminuzzato, contestato l’ideologia che regge le nostre società, proporne "La" via d’uscita sarebbe stato come ricadere in un altro discorso ideologico, chiuso, voltando lo sguardo mentre la barbarie continua indifferente […]".

(Lorenzo Donati, "Accrocchio.it", 5 febbraio 2007)



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